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Francesco Moro - Comune di Sartirana Lomellina 2008
XI Edizione Premio di Poesia

Ultimo aggiornamento: 27 Febbraio 2009
Clicca qui per il bando completo del concorso
Andamento del concorso:

Antologia – La spedizione è stata ultimata in data 27-02-2009.
Clicca qui per andare alla pagina dell’antologia

Premiazione Si è tenuta il 20 luglio 2008 alle ore 10,00 presso la Pila del Castello di Sartirana Lomellina (PV) in data da stabilire. I premiati sono stati avvisati a mezzo lettera. Tutti i partecipanti riceveranno una copia della rivista Il Club degli autori con i risultati del concorso.

Risultati

Risultati della undicesima edizione del Premio Nazionale di Poesia Francesco Moro – Comune di Sartirana Lomellina 2008


La Giuria della undicesima edizione del Premio Nazionale di Poesia Francesco Moro – Comune di Sartirana Lomellina 2008, Organizzato dalla Biblioteca Comunale di Sartirana Lomellina (PV) con il patrocinio del Comune di Sartirana Lomellina e della Provincia di Pavia e con la collaborazione tecnica dell’Associazione Culturale Il Club degli autori, composta da: Giancarlo Berton, Sindaco del Comune di Sartirana Lom., Paola Camussoni, Assessore alla Cultura e ai Servizi Sociali del comune di Sartirana Lomellina, prof. Luisa Denari; prof. Giuseppe Castelli; Severino Di Candia, scrittore, Felice Martinotti, esperto di poesia dialettale, Umberto De Agostino, Segretario del Premio. Dopo attenta valutazione delle opere pervenute ha stilato la seguente classifica:


Vince Euro 100,00 – Targa del Comune di Sartirana – Pubblicazione di un libro di 32 pagine edito dalla casa editrice Montedit di cui 100 copie vengono assegnate all’autore – Attestato – Pubblicazione del testo premiato sulla rivista Il Club degli autori – Pubblicazione su Internet


Vince Euro 70,00 – Targa del Comune di Sartirana – Pubblicazione di un libro di 32 pagine edito dalla casa editrice Montedit di cui 50 copie vengono assegnate all’autore – Attestato – Pubblicazione del testo premiato sulla rivista Il Club degli autori – Pubblicazione su Internet


Vince Euro 30,00 – Targa del Comune di Sartirana – Pubblicazione di un quaderno di 16 pagine di cui verranno consegnate 50 copie gratuite all’autore – Attestato – Pubblicazione del testo premiato sulla rivista Il Club degli autori – Pubblicazione su Internet


Vincono Attestato di merito – Pubblicazione del testo premiato sulla rivista Il Club degli autori – Pubblicazione su Internet i seguenti autori:

  • Opera 5^ classificata Parole di Maria Maddalena Monti, Rovellasca (CO)
  • Opera 6^ classificata Amami di Emanuela Arcangeli, Casinina di Auditore (PU)
  • Opera 8^ classificata Sarai Madre di Maurizio Marmiroli, Scandiano (RE)
  • Opera 9^ classificata Autunno di Vincenzo Bianco, Caronno Pertusella (VA)

Risultano Segnalati dalla Giuria e premiati con Attestato di merito le opere dei seguenti autori:

  • Fotografie di Paola Bavera, Vigevano (PV)
  • Gioia di vivere di Egidio Fusco, Borgomanero (NO)
  • Il naufragio di Carla Tedde, Quattro Castella (RE)
  • La piazza vuota di Maria Piera Pacione, Ofena (AQ)
  • La tenerezza della stanza di Danila Olivieri, Riva Trigoso (GE)
  • Notte alle Molinette di Giacomo Giannone, Torino
  • Parole del cuore di Marco Bruni, Massa Marittima (GR)
  • Sassi sulla strada di Rosalia Colella, Capua (CE)
  • Se solo… di Jessica Malfatto, Paderno Dugnano (MI)
  • Writer di Marco Vinci, Roma

Sezione Poesia in vernacolo pavese:

  • Opera 3^ classificata La Cri di Rina Ravera, Voghera (PV)

Vincono: Prodotti tipici locali – Attestato – Pubblicazione del testo premiato sulla rivista Il Club degli autori – Pubblicazione su Internet

Opere vincitrici

Antonio Zannino


Opera 1a classificata


Il villaggio dei sogni


Era un villaggio, capanne di paglia, di pescatori,
c’eran foreste, qualche radura, colline verdi piene di fiori.
S’alzavano presto ogni mattina, si davan da fare,
era su un’isola, lontano dal mondo, in mezzo al mare.
I bambini giocavano sotto le palme, gli anziani con loro,
stendevan le reti, stringevano il cerchio, cantavano in coro.
In un mondo felice, in un paradiso mi sentivo immerso,
perfino il sole alto nel cielo sembrava diverso.
Sabbia sottile, a piedi nudi, senza vestiti,
le scimmie dai rami lanciavano sguardi un po’ divertiti.
Ogni sera una danza, facevano cerchio intorno al fuoco,
la Luna ridente… la sua debole luce rischiarava un poco.
Cantavano i grilli, gracchiavan le rane, niente rumori.
Era un villaggio… lo stavo sognando, di pescatori.
Squilla il telefono, mi sveglio di colpo. Mia moglie risponde,
ho ancora in mente la vita selvaggia in mezzo a le fronde.
Mi viene vicino, un lieve sorriso, un po’ preoccupata…
Sai, è fine mese, era la banca, è scaduta la rata!
Stavo dormendo, ero felice, facevo un bel sogno…
Prova anche tu, hai l’aria stanca, ne hai molto bisogno…
Eravamo stranieri, razza diversa, venivamo da fuori,
ci mettevano in testa e intorno al collo ghirlande di fiori,
a piedi nudi, senza vestiti, avean sul viso
aria serena, sguardo sincero, sempre un sorriso…
Non c’erano soldi, tutti uguali, non c’eran signori!
Era un villaggio, capanne di paglia, di pescatori.
Era su un’isola, lontano dal mondo, in mezzo al mare.
Stiamo sognando… continua a dormire… non ti svegliare!


Gaetano Pizzuto


Opera 2a classificata


Giacigli di stracci


Li ho veduti, uomini e donne
contro i muri d’un portico triste,
stesi su letti di cartone
con la malinconia d’accanto
tra coperte di polvere nera.
Li ho veduti, quasi calpestati,
con uno sguardo ch’era sfuggente
ma gli occhi del mio cuore
piangevano silenziosamente.
Li ho uditi, fantasmi senza età
raccontare d’una vita capovolta,
un Karma già marchiato, scritto
che relega per strada la debolezza,
agli orli sgualciti di queste città.
Li ho uditi implorare pietà,
chiusa era la porta della clemenza
ma le orecchie della mia anima
erano graffiate, ferite.
Questa folla non vuole vedere
le buie caverne della vergogna,
non vuole udire le voci che gridano
nei deserti della solitudine
e l’amore è là, gettato a terra
tra freddi giacigli di stracci.


Pietro Bosco


Opera 3a classificata


Desiderio d’amore


Vorrei avere le ali
per volare in alto
e con un dito scrivere
nel blu del cielo… Ti amo.
Vorrei essere un gigante
e cogliere la luna dal cielo nero
e dartela nelle mani e dirti… Ti amo.
Vorrei poter cogliere il sole
e, come un’arancia, donartela
per riscaldarti con il suo calore
e dirti… Ti amo.
Vorrei sciogliermi e diventare acqua
per farti immergere dentro di me
e sentire ogni atomo del tuo corpo
e dissetarti con il mio amore
e dirti… Ti amo.
Vorrei essere la madre terra
per accoglierti quando il tuo respiro si placherà
per farti rinascere e dirti di nuovo
e fino all’eternità… Ti amo.


Adriano Scandalitta


Opera 4a classificata


Gente di Lomellina


Atleti di un tempo che fu,
alacri lavoratori della terra
che avevate nelle braccia
e nel costante sudore
gli strumenti per farla
palpitare con il frutto
di giusti raccolti


A voi vorrei erigere
un monumento, nel punto
più verde della cara Lomellina
per ricordare il vostro patimento
che per voi era una ragione di vita,
una soddisfazione grande
che dava nutrimento ai vostri figli


Tanti di voi sono volati via,
come rondini, nella stagione
ancora verde della vita,
piegati dalla fatica, ma sereni
e gioiosi nel cuore, per avere
lavorato, con amore, questa terra
feconda di Lomellina.


Maria Maddalena Monti


Opera 5a classificata


Parole (2)


Le parole sembrano segni
grafie vuote
che appaiono e scompaiono
nell’inarrestabile,
bla bla della vita.
Ma sono
per me che le dico
e a te
che le odi
lacrime e sangue
inascoltata voce
del più profondo soffrire
cambiano mentre le dico
e tu le ascolti.


Emanuela Arcangeli


Opera 6a classificata


«Questa poesia l’ho scritta per la nascita di mio nipote, un bimbo down nato il 2 giugno 2006, una creatura meravigliosa e solare, ho cercato di mettermi nei panni di mia cognata… e sono nati questi versi».


Amami


In segreto,
con tremante fiducia,
Amore ho generato.
Nei cavernosi pensieri
trema il cuore.
Ti accompagna un angelo
tenendoti per mano.
Nell’aria si addensano
nuvole di interrogativi.
È il tempo,
di timidi sogni, di progetti insicuri,
ma ti guardo e ti amo,
non posso non farlo.
Sei il mio amore rinnovato.
Sei il delicato affetto,
l’inquietante incertezza,
l’infinita tenerezza.
Coi tuoi occhi mi sussurri:
«Amami!».


Diego Fantin


Opera 7a classificata


Padre e figlio


Camminiamo,
per una volta ancora,
mano nella mano.
Tu con la tua barba
incolta ed i capelli
tinti d’un bel colore
bianco.
Io con i miei capelli
argento.
Ci addentreremo piano
nel fiato lungo
del bosco delle fate
dove, ne sono certo,
si fanno ancora
le magie.
A te ridoneranno
il bel colore scuro
dei capelli e la tua
barba incolta
ritornerà rasata.
A me rimetteranno
i pantaloni corti
ed i capelli lunghi
della mia gioventù.
Avvolti dalla abbagliante
luce che hanno
i sogni
ritorneremo ad essere
di nuovo padre e figlio.
Da troppo tempo ormai
i ruoli sono invertiti.


Maurizio Marmiroli


Opera 8a classificata


Sarai madre

Madre, tu sarai madre
Novizia del sacro tempio
Vestale del rito antico
Tuo sarà il nuovo tempo
Tuo sarà il gesto amico
Gli occhi tuoi nel buio saran chiare stelle
Ad orientare il passo, oltre il sentiero, un lume
E al cuor sarà la voce qual furon le sibille,
foriera di saggezza e di dolcezza insieme.
Madre sarai per sempre, madre
Nel pianto e nel rimpianto
Con le sue dolci gioie
Nelle sue grigie noie
E rivivrai te stessa
Ti coprirai d’immenso
Languidamente sfando il senso d’ogni senso
E, quando ormai canuta, per la bellezza antica,
dagli occhi tuoi lucenti il complice sorriso
si poserà piacente, la candida mano ossuta,
sul seme dal seme atteso, sul pargoletto viso
tu capirai allora l’unico fine vero
e dove, ancor, finisce l’unica verità.
Non v’è null’altro attorno, tutto è bugiardo, effimero
Solo un madre è certa e solo lei lo sa.


Vincenzo Bianco


Opera 9a classificata


Autunno


Il dolore è nel tuo corpicino infantile
Il dolore è nella crescita dei tuoi sogni
Che verranno con la grazia e coraggio
Che ti aiutano a formare la strada.


L’autunno dipana
fili visibili alla luce nebbiosa
che si ferma all’improvviso sulla strada
lasciando morire il giorno.


Splende la luna che nella sera
traversa le foglie morte.
E nel pensiero della mente tutta
la stagione è un divenire mortale.


Un sorriso entra e rimane
saluta con gioia un attimo
nell’ombra che si nasconde
nella nostra vita piena di tristezza.


Giovanni Palmieri


Opera 10a classificata


Ideologie “pensanti” (?!)…


Pietre salaci
fiondate a spegner
lucciole sacre – in conto terzi -:


io, come te, Adamo!
Riscattato…


Dove il tuo Sé divino?
Saulo, Saulo
perché mi perseguiti?
Ancora! Eppur t’Amo…


Alba Silva


Opera 1 a classificata poesia in vernacolo


As ciamava Mariu


Mariu a l’eva un povr om;
cun la barba bianca, e scarpi rutti
una bursa an tràcolà,
un par dugià tuc sgangara;
al circava nò l’elemosna,
al vindiva gugì, e fì par cusì;


E quant l’eva noc par durmì,
al circava nò un lec morbid;
ma un po’ ad paia in tuna stala.


Tuc i dì al fava tanta da cula strà,
da pais in pais, cun i so pinsier,
in tun mond tuc so.


I fioi che g’ridivun an facià;
par i so visti tuc strasà;
lu al fava gnancà una piega
e al pruseguiva par là so strà.


Una donà dal cor d’or
quant la vighiva cul povr om
pasà renta la so cà,
ag ufriva sempar una scudelà
ad cafè lac, e ben zucherà.


L’è una stroria vera, d’un povr om
del 1953 che par mangià al vindiva
gugi e fì par cusì.


A des le imparadis; ma i pens che anca lasù
al cuntarà quanti gugi e fì la vindù
an tal mond da chì,
a culi doni che al gavù voia da ricama e cusì.


Alba Silva


Traduzione dell’Opera 1 a classificata poesia in vernacolo


Si chiamava Mario


Mario era un povero uomo
con barba bianca e scarpe rotte,
una borsa a tracolla,
con occhiali malandati;
non cercava elemosina,
vendeva aghi e filo, per cucire.


Quando era buio, per dormire
non cercava un letto morbido;
ma solo un po’ di paglia in una stalla.


Tutti i giorni faceva tanta strada;
andava di paese in paese, con i suoi pensieri;
in un mondo tutto suo.


I bambini gli ridevano in faccia
per i suoi abiti stracciati;
lui non faceva nemmeno una piega
e proseguiva per la sua strada.


Una signora, dal cuore d’oro
quando vedeva quel povero uomo
passare vicino alla sua casa,
gli offriva una scodella di caffè latte
e ben zuccherato.


Questa è la storia vera di un povero uomo
che nel 1953 per mangiare vendeva
aghi e filo per cucire.


Ora è in paradiso; ma penso che anche lassù
conterà quanti aghi e filo
ha venduto in questo mondo
alle donne che amavano ricamare e cucire.


Maurizio Cerri


Opera 2 a classificata poesia in vernacolo


Un mò ‘na volta

Una cà, dü stans
Vüna a bas l’altra adsura
A la finestra i frad
Un po’ scus dai gelos˘ ii
Mubilia ‘pena asè
Taul e i so cadrèg
Credensa e lutumana
la stiv per scaldà e pr’l mangià
Un lèton cul prèvi
Vestè, cumò e baül
Dü cifön cui sò urinari
Al cadìn par lavas facia e män
Föra ad l’us quatà d’la tòbia
L’aia, ‘l pulè, dü o tri galin
La surba par l’aqua
L’ort cun i sèral e l’insalata
A l’ombra, tì, setà giù in sal scagnèt
La lòbia, al tò baston
‘l gilè, ricord ad l’Argentina
i occ seren d’un campè strac
e renta a tì, mi fiö
cun la màn in d’la tò man
suridi ai tò cavì bianc
spètanda ansius˘ la tò vus˘
… minin minèla, barba castèla
barba milàn, sèra la màn…

Filastrocca completa:

Minin minèla, barba castèla barba Milan sèra la man
S’agh ghè dentar, una grana ad sà
Vèra la man cla fuma cantà


Maurizio Cerri


Traduzione dell’Opera 2 a classificata poesia in vernacolo


Ancora una volta

Una casa due stanze
una sotto, l’altra di sopra
alla finestra le grate
un po’ nascoste dalle persiane

Mobilia appena sufficiente:
il tavolo con le sedie
credenza e divano
stufa per scaldare e far da mangiare

letto matrimoniale con lo scaldaletto
armadio, comò e baule
due comodini con i vasi da notte
il catino per lavarsi faccia e mani

Fuori dalla porta, coperta dal pergolato
l’aia, il pollaio, due o tre galline
la pompa dell’acqua
l’orto con il sedano e l’insalata

All’ombra, tu, seduto sullo sgabello
il cappello, il tuo bastone
il gilè, ricordo dell’Argentina
gli occhi sereni di un agricoltore stanco

Vicino a te, io ragazzo
con la mia mano nella tua mano
sorrido ai tuoi capelli bianchi
aspettando ansioso la tua voce

Minin minèla barba castèla
barba Milan, chiudi la mano

Filastrocca completa:

Minin Minèla barba castèla, barba Milano, chiudi la mano
Cosa c’è dentro, un grano di sale?
Apri la mano che lo facciamo cantare


Rina Ravera


Opera 3 a classificata poesia in vernacolo


Lâ Cri


Nel mezzo del cammin della mia vita,
quând tütt pâriva nurmàl e stabilì,
âl mé distén l’ha cambià percùrs
pârchè una nöt hö incuntrà lâ “Cri”.


Fén â cul dì lì, ânsi cùla nöt,
âl mé pü gròs dafàri l’éra âl divertimént:
Bacco, Tabacco e Venere â tüt ândà,
mâ in fönd in fönd s’éra nò cuntént.


Causa un biciér âd pü, tânt mé âl mé sòlit,
cun lâ màchina sö vulà föra dâ strà;
hö fàt in témp â ciâmà il 118
e pö hö pensà: “L’è la me ùra, sö spâcià”.


Quând hö dvèrt i ögg, là int l’uspedàl,
âm pârìva dâ vès pâsà sùta un trâtùr;
me màdâr lâ pregàva e lâ piansìva
e âm caresàva cun tütt âl sò amùr.


Ârénta a lé, gh’éra una fiulâtâ.
“Chi sa chi è clè?” – pensàva – “Â l’hö mai vista”.
Âm sfursàva dâ ricurdà “chi” fra le tante…
Ma no, lâ fa no pàrt âd lâ mé lista!


Lâ gh’âviva dü ögg culùr dâl mar
e una bùca bèla e suridénta:
sö no pârchè âm bâtìva fòrt âl cör
quând lâ pârlàva o lâ m’nìva ârénta.


Mâ vàrda dönca che ràsa d’un efètt:
sarà sicür lâ bòta c’hö ciâpà.
E quând che dop un po’ l’è andata via,
âm sö sentì deprèss e scunsulà.


“Â lè Cristina, una vuluntària dla Crùs Rùsa” –

l’hâ mà spiegà me màdar cun pasiénsa –

“ringràsia lé e âncâ âl tò Signùr
sâ tè âncùra chi in nostra presénsa”.


L’è pâsà tântâ témp dâ cùla vòlta
e lâ me vita l’è tütâ câmbià:
adès fö âl vuluntàri intla Crùs Rùsa
a la Cristina… âm lâ sö spusà!


Rina Ravera


Traduzione dell’Opera 3 a classificata poesia in vernacolo


La Cri (Traduzione)


Nel mezzo del cammino della mia vita,
quando tutto sembrava normale e stabilito,
il mio destino ha cambiato percorso
perché una notte ho incontrato la “Cri”.


Fino a quel giorno, anzi a quella notte,
il mio più gran da fare era il divertimento:
Bacco, Tabacco e Venere a tutto andare,
ma in fondo in fondo non ero contento.


A causa di un bicchiere in più, com’era il mio solito,
con la macchina sono volato fuori strada;
ho fatto in tempo a chiamare il 118
e poi ho pensato: “È la mia ora, sono spacciato”.


Quando ho aperto gli occhi, là nell’ospedale,
Mi sembrava di essere passato sotto un trattore;
mia madre pregava e piangeva
e mi accarezzava con tutto il suo amore.


Vicino a lei, c’era una ragazza.
“Chi sa chi è?” – pensavo – “Non l’ho mai vista”.
Mi sforzavo di ricordare “chi” fra le tante…
Ma no, non fa parte della mia lista!


Aveva due occhi color del mare
e una bocca bella e sorridente:
non so perché mi batteva forte il cuore
quando parlava e mi veniva vicino.


Ma guarda dunque che razza di un effetto:
sarà di sicuro la botta che ho preso.
E quando dopo un po’ è andata via,
mi sono sentito depresso e sconsolato.


“È Cristina, una volontaria della Croce Rossa” –

mi ha spiegato mia madre con pazienza –

“ringrazia lei e anche il tuo Dio
se sei ancora qui in nostra presenza”.


È passato tanto tempo da quella volta
e la mia vita è tutta cambiata:
adesso faccio il volontario in Croce Rossa
e la Cristina… me la sono sposata!


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